Della vicenda privata di Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, non interessa molto: è una storia come tante altre, purtroppo finita male (o bene, dipende dai punti di vista), che non ha nessuna valenza universale, ma sicuramente si possono trarne alcuni spunti, a mio avviso non secondari.
Il primo: c’è fermento a destra! Le imminenti elezioni europee, sulle quali la destra sovranista punta parecchio, potrebbero segnare un determinante e pericoloso scivolone verso un’involuzione della Comunità Europea, sempre più schiava dell’atlantismo. Giorgia Meloni l’aveva detto: “È finita la pacchia!”. Questo l’obiettivo, assestare un colpo ad ogni tipo di socialismo (in Spagna maggioranza risicata, c’è l’ultimo resistente laboratorio di sinistra: durerà? La Polonia è sul filo di una coalizione fragile tutta da sperimentare).
Per questo, secondo punto, c’è molto nervosismo: non si può sbagliare un colpo, ovvio che nella famiglia Meloni l’unico sacrificabile (l’altro è il cognato Lollobrigida) è stato prontamente eliminato, soprattutto perché per la presidente del Consiglio bisogna rafforzare il credito europeo (prima l’appoggio incondizionato all’Ucraìna, poi il tentativo di rinnovare i patti di redistribuzione dei migranti, infine il posizionamento sul conflitto palestinese) in un quadro di accordi sulle fonti energetiche degne del miglior Mario Draghi (il rinnovato e fumoso Piano Mattei che fa di Giorgia Meloni pirù draghiana di Draghi, come dimostra la prossima Legge di Bilancio, ma di questo si parlerà altrove). Quindi chiaro che Giambruno poteva e doveva essere sacrificato.
Terzo punto, ma sicuramente il più significativo: nel post di Giorgia Meloni non c’è neanche una parola di condanna al comportamento sessista di Andrea Giambruno. Non è solo singolare che una donna non stigmatizzi il comportamento del suo compagno, è altrettanto grave che non lo faccia un’istituzione, né tanto meno la maggioranza della coalizione leghista, così moralmente attenta soprattutto quando le molestie sono perpetrate da clandestini stranieri.
Se anche è stata una goliardata, come provano a minimizzare alcuni (e singolare ancora una volta che sia una donna a minimizzare), è gravissimo che una delle prime istituzioni dello Stato italiano, chiamata direttamente in causa, anche come “donna, cristiana, cattolica”, non abbia condannato l’atteggiamento predatorio e maschilista del padre di sua figlia.
Non penso ci siano giustificazioni, al contrario c’è molto da riflettere su questo comportamento machiavellico (“il fine giustifica i mezzi”) che ha spinto la presidente Meloni a chiudere un occhio, perché il fattaccio è avvenuto in casa.
Appare evidente che, in questo contesto politico, conta più mantenere inalterata l’immagine di un esecutivo nervoso per le prossime elezioni politiche europee, determinanti per le sorti anche della situazione politica italiana, che rafforzare invece il principio che in Italia i diritti civili esistono. Al contrario, anche per distrarre l’attenzione dalla prossima manovra di bilancio, punitiva, regressiva e conservativa, si preferisce riempire la narrazione comune di parole di vicinanza e “fratellanza”. Poco importa che ancora una volta delle donne vedano umiliata la loro professionalità dal bulletto di turno, conta di più tenere insieme la coalizione, l’immagine della coalizione, la compattezza della coalizione, di fronte all’opinione pubblica: la vittima esce di scena, tutte le luci sono su iron Giorgia, che liquida il compagno con un post…
Qui muore un altro diritto civile, sacrificato all’altare della patria di Fratelli d’Italia.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.