Ivan Kratsev dirige il Centre for liberal strategies di Sofia. In un articolo pubblicato su Internazionale (La democrazia s’indebolisce dall’alto), riportando anche le tesi del politologo americato Larry Bartels (Democracy erodes from the top), fornisce interessanti spunti di riflessione anche sulla situazione italiana.
Sostiene infatti che
Le politiche di coalizione sbagliate o i cambiamenti istituzionali sono il vero motivo per cui l’estrema destra sale al potere. La presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni sarebbe d’accordo con lui [ndr Bartels]. L’ipressionante maggioranza ottenuta dalla sua coalizione di destra alle elezioni dello scorso settembre non è stata la conseguenza di un radicale cambiamento nelle preferenze degli elettori, ma dell’incapacità dei leader della sinistra italiana di collaborare e fidarsi l’uno dell’altro.
Il tema delle coalizioni è cruciale, ma andrebbe affrontato con maggiore chiarezza: servono “coalizioni contro” o servono “coalizioni per”? cioè riduciamo la politica a contrastare qualcosa o qualcuno o a costruire un’alternativa sociale di fronte al fallimento neoliberale ?
Penso entrambe le cose, ma soprattutto la seconda tesi, quella di una coalizione che nasce intorno ad un progetto condiviso, è più complicata da realizzare perché più concreta ed efficace a lungo termine.
In un’epoca di forte individualismo, anche dei soggetti partitici, l’arte del compromesso si perde per “uno zero virgola” in più, per cui, al progetto di una risposta collettiva, che tenga insieme gli interessi dei più deboli e l’idea del benessere comune, si preferisce “la poltrona”, anche tradendo i propri principi di base
la più grande sfida per i partiti moderati non è quanto sia forte l’orientamento fascista della società, ma il grado di “confusione liberale” e la conseguente mancanza di buonsenso politico. […] un nuovo dittatore potrebbe essere più disposto a sostenere le politiche democratiche (per ottenere i voti necessari a essere eletto cancelliere). Non sempre sappiamo chi potrebbe essere fascista prima che arrivi al potere.
Da questa analisi, che culmina nella riflessione che “i nazisti fanno gioco di squadra, mentre i democratici sono i peggiori nemici di se stessi e sono paralizzati dalla diffidenza”, emerge tutta la crisi organizzativa (si veda anche Sinistra! di Aldo Schiavone) e contenutistica di una sinistra sempre meno identitaria e più proiettata sulla sopravvivenza del suo strano (e stranito) gruppo dirigente.
Per questo è necessaria oggi un’opposizione sociale e culturale costruita intorno a temi chiave come il lavoro, l’uguaglianza, i diritti, l’equità, che possono essere coniugati insieme in un manifesto di sinistra solo se l’idea è quella di una “coalizione per”, prima ancora di una “coalizione contro” (che poi è il grande errore della sinistra degli ultimi anni: prima contro Berlusconi, poi contro il pericolo fascista, poi contro la destra … mai una sinistra per il lavoro, per la giustizia sociale, per la pace, per l’equità fiscale, per l’innovazione tecnologica sostenibile).
E l’appunto delle elezioni europee, con il rafforzarsi della destra sovranista in molti stati della UE (Polonia, Ungheria, su tutte, ma non possiamo dimenticare i paesi scandinavi e l’Afd tedesca) è oggi pericolosamente alle porte, nel momento in cui l’UE stessa è alle prese con il più grande dramma dell’immigrazione dai Paesi Poveri degli ultimi anni. Per questo non sfugga la presenza di Marion Maréchal, nipote di Le Pen, alla riunione rituale leghista di Pontida. L’Europa è assediata (strumentalmente? solo coincidenze?) dagli sbarchi dei migranti? La risposta è rafforzare i confini dei Paesi, creare centri di rimpatrio, sventolare lo spauracchio dell’invasione barbarica: non certo dare vita a politiche di accoglienza, non certo un sano processo alle politiche di sfruttamento dei Paesi oggi poveri che sono stati depredati per decenni dall’aggressione economica, militare e culturale degli stati capitalisti dell’ovest come dell’est.
La sfida è dare alla politica credibilità attraverso un progetto coalizzante intorno a temi condivisi davvero di sinistra, se non proprio comunisti, per creare quell’alternativa al sistema imperialistico e capitalistico che nessuno si decide a condannare.
La sfida è prima di tutto culturale e democratica, riguarda il paradigma che deve abbracciare la politica.
Perché lo spettro della destra retriva e arretrata è oggi più presente di quello del comunismo.
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